3. Principi per una gestione efficace del rischio di calamità per la resilienza dell’agricoltura

L’agricoltura1 è molto vulnerabile ai rischi naturali. Le calamità legate ai rischi naturali2 (NHID) causate da siccità, terremoti, incendi, inondazioni e gravi condizioni meteorologiche possono avere un impatto significativo, diffuso e duraturo sul settore attraverso i gravi danni che causano alle risorse agricole, alle infrastrutture e ai terreni, e attraverso le perdite di raccolto e di bestiame. Ci possono essere anche costi dovuti, per esempio, alle ripercussioni sul benessere sociale e degli animali (Productivity Commission, 2014[1]). Gli impatti dei pericoli naturali sono particolarmente gravi nei Paesi in via di sviluppo, dove possono influenzare significativamente la crescita del settore agricolo, i mezzi di sussistenza rurali e la sicurezza alimentare e ostacolare il progresso verso lo sviluppo sostenibile (FAO, 2021[2]; UNISDR, 2015[3]). Gran parte delle perdite globali dovute a calamità nel periodo 2008-18 (circa il 39%) si è concentrata nei Paesi meno avanzati e a reddito medio-basso, dove l’agricoltura rappresenta una quota significativa dell’attività economica formale e informale (FAO, 2021[2]).

Mentre gli effetti dei singoli eventi calamitosi possono essere gravi, il rischio di pericolo naturale – e in realtà, il rischio di calamità più in generale – sta diventando sempre più complesso e articolato. Siccità e inondazioni possono scatenare epidemie di parassiti e malattie; si prevede che i pericoli legati al clima si intensifichino e aumentino di frequenza a causa del cambiamento climatico (IPCC, 2013[4]); inoltre, in molti Paesi, i pericoli naturali come forti tempeste, siccità ed epidemie di parassiti hanno aggravato gli effetti della pandemia di COVID-19 sull’agricoltura (FAO, 2021[2]). Le interconnessioni tra l’agricoltura e altri settori e sistemi significano anche che i pericoli naturali possono colpire l’agricoltura e incidere sulle attività delle aziende agricole interrompendo l’attività o chiudendo le infrastrutture fondamentali per il settore, come i sistemi di irrigazione e di drenaggio e le reti di trasporto che collegano gli agricoltori ai canali di distribuzione e ai mercati (WEF, 2016[5]; Bailey e Wellesley, 2017[6]; FAO, 2018[7]). Questi stessi legami significano anche che, anche quando l’impatto più diretto è la riduzione della produzione, gli effetti possono propagarsi a cascata lungo l’intera catena di valore agroalimentare, colpendo i mezzi di sussistenza rurali e mettendo a rischio tutte le dimensioni della sicurezza alimentare e della nutrizione, soprattutto nelle aree colpite (FAO, 2021[2]).

Data la natura composita e sistemica dei rischi naturali, i quadri di riferimento per la gestione dei rischi di catastrofi3 (DRM) che rafforzano la capacità degli agricoltori di elaborare piani e preparativi, assorbire, rispondere, ovviare i danni, adattarsi con maggior successo e trasformarsi in risposta ai pericoli naturali, sono essenziali per costruire la resilienza dell’agricoltura a questi pericoli. Ciò è particolarmente importante per i rischi naturali, ma si applica anche a rischi sistemici più ampi che riguardano il settore agricolo, compresi quelli posti dalla pandemia di COVID-19 (Riquadro 3.1). Una DRM efficace richiede che i soggetti pubblici e privati comprendano i rischi che affrontano a causa dei pericoli naturali e si assumano la responsabilità di gestire i rischi che questi comportano per i loro beni e attività. Dipende anche da solidi quadri di riferimento in materia di governance per prendere decisioni su come gestire al meglio il rischio di calamità e garantire la resilienza.

Il progetto congiunto OCSE-FAO Rafforzare la resilienza dell’agricoltura alle calamità legate a rischi naturali: Approfondimenti da case study nazionali esamina i quadri della DRM in alcuni Paesi dell’OCSE e in via di sviluppo per identificare cosa possono fare i governi e i portatori di interesse del settore agricolo per rafforzare la resilienza degli agricoltori e del settore alle NHID – resilienza definita qui come la capacità degli agricoltori di elaborare piani e preparativi per affrontare le calamità naturali, assorbire, ovviarne i danni, adattarsi e trasformarsi in modo più efficace in risposta ai rischi naturali (OCSE, 2020[11]). Il progetto identifica le buone pratiche per assicurare la resilienza nella DRM in agricoltura, sottolineando in particolare:

  • Politiche e strategie a disposizione dei governi, tra cui:

    • Misure ex ante per valutare i rischi di pericolo naturale e la vulnerabilità del settore ad essi, per prevenire o ridurre la probabilità che si verifichi una calamità legata a rischi naturali, nonché per mitigare i potenziali impatti.

    • Misure ex post per aiutare gli agricoltori ad affrontare e a riprendersi da una NHID una volta che si è verificata, e per “ricostruire meglio”4 durante la ripresa, il risanamento e la ricostruzione.

  • Accordi di governance, anche per:

    • Attribuire ai portatori di interesse responsabilità e risorse per la gestione del rischio di calamità naturali, compresa la gestione delle crisi e la risposta alle calamità.

    • Identificare le opzioni politiche per “gestire” i rischi di calamità naturali, tra investire in misure ex ante come la prevenzione e la mitigazione dei rischi, e fornire assistenza ex post per aiutare gli agricoltori ad affrontare una calamità naturale e riprendersi da essa.

    • Assicurare la coerenza dei quadri di riferimento e delle misure del settore agricolo con i quadri di riferimento nazionali in materia di DRM e con gli obiettivi più ampi del settore.

Il progetto adotta un approccio basato su case study. I quadri di riferimento DRM nei sette Paesi oggetto di studio – Cile, Italia, Giappone, Namibia, Nuova Zelanda, Turchia e Stati Uniti5 - sono stati analizzati qualitativamente, utilizzando informazioni ottenute attraverso un questionario fornito ai Paesi, interviste con i soggetti interessati, visite in loco e ricerche documentali. Questo approccio garantisce che ogni case study rifletta gli aspetti specifici della DRM nel contesto dell’agricoltura in ogni Paese, compreso il ruolo svolto dalle organizzazioni formali e informali. Ciascun case study offre una panoramica degli accordi di governance per i rischi di calamità naturali (compresi i quadri di riferimento nazionali e intersettoriali) e le misure in atto per identificare i rischi, prevenire e mitigare, prepararsi e riprendersi da calamità legate a rischi naturali in agricoltura. Detto questo, ciascun case study si concentra su un particolare pericolo naturale per comprendere come le misure e gli accordi di governance contribuiscano a rafforzare la resilienza dell’agricoltura.

Le buone pratiche nei Paesi oggetto dei case study sono identificate in ogni fase del ciclo DRM – identificazione, valutazione e consapevolezza del rischio; prevenzione e mitigazione; preparazione; risposta e gestione delle crisi; ripresa e ricostruzione – secondo i principi e le raccomandazioni dei principali quadri di riferimento internazionali per la gestione dei rischi posti da calamità e da altri rischi. Questo include l’Approccio olistico alla gestione del rischio per la resilienza in agricoltura dell’OCSE (OCSE, 2009[12]; 2011[13]; 2020[11]) e altri quadri di riferimento internazionali – in particolare, il Sendai Framework per la riduzione del rischio di calamità (UNISDR, 2015[3]); la Raccomandazione sulla governance dei rischi critici dell’OCSE (OCSE, 2014[14]) e il Joint Framework for Strengthening resilience for food security and nutrition (Quadro comune per il rafforzamento della resilienza per la sicurezza alimentare e la nutrizione) delle Agenzie con sede a Roma (FAO, IFAD e WFP, 2019[15]). Questi sono delineati nella sezione seguente.

Dall’analisi dell’OCSE emerge che un approccio politico efficiente ed efficace per la gestione dei rischi in agricoltura prenderà in considerazione le interazioni e i compromessi tra i diversi rischi, le strategie a livello di azienda agricola e le politiche governative, e offrirà risposte differenziate ai diversi tipi di rischio. In particolare, il quadro olistico dell’OCSE per l’analisi delle politiche di gestione del rischio in agricoltura distingue i normali rischi commerciali (che devono essere sostenuti e gestiti dagli agricoltori) dai rischi più gravi ma meno frequenti che richiedono soluzioni di mercato (quali ad es. i sistemi assicurativi e i mercati a termine) e i rischi di catastrofe relativamente più rari – come calamità legate a rischi naturali – che richiedono un intervento pubblico (OCSE, 2009[12]; OCSE, 2011[13]). In termini di assistenza post- calamità, questo lavoro sottolinea l’importanza della definizione di confini espliciti dei rischi catastrofali e di stabilire un quadro ex ante che stabilisca quando sarà fornita l’assistenza ad hoc ex post. Il quadro è stato applicato in studi sui sistemi di gestione del rischio in Australia, Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Spagna; una revisione degli approcci politici per la gestione sostenibile della siccità e delle inondazioni in agricoltura; e una revisione degli approcci politici per la gestione di calamità legate alle condizioni metereologiche nell’agricoltura del Sud-est asiatico.6

Un lavoro più recente sostiene che un approccio orientato alla resilienza alla gestione del rischio in agricoltura richiede che gli attori pubblici e privati considerino il panorama del rischio a lungo termine e che pongano una maggiore enfasi su ciò che può essere fatto ex ante per ridurre l’esposizione al rischio e aumentare la preparazione. Mette in luce i compromessi inerenti alla gestione del rischio in agricoltura, anche tra gli interessi dei vari soggetti interessati e tra le diverse misure di gestione del rischio, quali ad esempio gli investimenti nella prevenzione e nella mitigazione del rischio ex ante e fornire assistenza ad hoc ex post. Raccomanda ai governi l’adozione di approcci partecipativi per la definizione dei quadri di rischio catastrofe; gli stessi dovranno garantire che tutte i soggetti interessati siano consapevoli dei rischi e prendano atto delle proprie responsabilità per la gestione del rischio. Identifica anche un ruolo per le politiche “no regret” (oppure “win-win”) e gli investimenti appropriati in beni pubblici che stimolano la resilienza dell’agricoltura al rischio in una vasta gamma di scenari futuri, e contribuiscono alla produttività e alla sostenibilità dell’agricoltura anche in assenza di gravi eventi. Infine, sostiene che gli agricoltori devono investire nelle loro capacità di gestire il rischio – per esempio l’imprenditorialità e il capitale umano, e le strategie a livello di azienda agricola quali la diversificazione della produzione e delle fonti di reddito, e il risparmio – per aumentare la propria resilienza a qualunque tipo di rischio, compresi gli eventi catastrofali. (OCSE, 2020[11]).

L’analisi dell’OCSE indica che un approccio ottimale alla gestione del rischio in agricoltura includerà politiche ex ante e di prevenzione appropriate e porrà in risalto le capacità di cui gli agricoltori hanno bisogno per adattarsi a – o trasformarsi in risposta a – un futuro più incerto (OCSE, 2020[11]). Il lavoro ha prodotto diversi risultati di enorme importanza per la gestione del rischio di calamità naturali. Per definire politiche efficaci, i governi dovrebbero:

  • Concentrarsi su eventi estremi, poco frequenti ma catastrofali – come le calamità legate a rischi naturali (NHID) – che causano danni significativi, colpiscono tutti gli agricoltori o gran parte di essi su una vasta area e vanno ben oltre la capacità degli agricoltori o dei mercati di farvi fronte.

  • Fornire incentivi agli agricoltori per gestire il normale rischio d’impresa, investire nella gestione dei rischi per i loro beni, comprese le calamità naturali, e sviluppare la capacità di pianificare, assorbire, rispondere, recuperare e adattarsi con maggior successo ai rischi, ivi compresi gli eventi catastrofali.

  • Evitare di soffocare lo sviluppo di strumenti di mercato, come le assicurazioni private, per la gestione dei rischi di calamità naturali.

  • Investire in capacità chiave del settore che ne sviluppino la resilienza al rischio – e contribuiscono alla produttività e alla sostenibilità dell’agricoltura – in un’ampia gamma di scenari futuri.

Il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030 (Quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di disastri, in breve Sendai Framework) è lo strumento globale per gestire il rischio di calamità adottato in occasione della Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di calamità tenutasi a Sendai nel marzo 2015. Si basa sul lavoro svolto dai Paesi e da altri portatori di interesse, garantendone la continuità, nell’ambito del Quadro d’Azione di Hyogo (Hyogo Framework for Action) 2005-2015, il primo piano che illustrò, descrisse e indicò nei dettagli il lavoro richiesto ai diversi settori e attori per ridurre le perdite in caso di calamità (UNISDR, 2015[3]; 2015[16]).

Il Sendai Framework rappresenta un cambiamento sostanziale dalla gestione post facto delle calamità verso la riduzione proattiva dei rischi, il contenimento delle vulnerabilità e il miglioramento della resilienza prima che si verifichino le calamità. Sottolinea che, per essere efficienti ed efficaci, le pratiche di riduzione del rischio di calamità devono essere multirischio e multisettoriali, inclusive e accessibili per essere efficienti ed efficaci. Ha tre obiettivi: prevenire la creazione di nuove forme di rischio, ridurre il rischio esistente e rafforzare la resilienza delle persone e dei beni per resistere al rischio residuo. Stabilisce quattro aree prioritarie di azione che, insieme, possono rispondere efficacemente al rischio di pericoli naturali: 1) comprendere i rischi di catastrofi; 2) rafforzare la governance del rischio di calamità per gestire il rischio; 3) investire nella riduzione del rischio di calamità per la resilienza; e 4) migliorare la preparazione alle calamità per permettere di “ricostruire meglio” durante la ripresa, il ripristino e la ricostruzione. Gli Stati e tutti gli altri portatori di interesse sono tenuti a implementare le aree prioritarie in linea con 13 principi guida che contribuiscono a stabilire cosa debba essere fatto. Questi principi guida includono, innanzitutto:

  • La responsabilità primaria degli Stati nella prevenzione e nella riduzione del rischio di calamità, anche attraverso la cooperazione

  • La responsabilità condivisa tra autorità centrali e locali, settori e portatori di interesse

  • La protezione delle persone e dei loro beni, promuovendo e proteggendo tutti i diritti umani, incluso il diritto allo sviluppo

  • L’impegno di tutta la società

  • La piena collaborazione di tutte le istituzioni statali di natura esecutiva e legislativa a livello nazionale e locale

  • La coerenza di politiche, piani, pratiche e meccanismi nei diversi settori e programmi.

I restanti principi guida sono: Il processo decisionale deve essere inclusivo e informato sul rischio, mentre si utilizza un approccio multirischio; tenere conto delle caratteristiche locali e specifiche dei rischi di calamità quando si determinano le misure per ridurre il rischio; affrontare i fattori di rischio sottostanti in modo efficace anche dal punto di vista economico attraverso gli investimenti, invece di fare affidamento principalmente sulla risposta e sul recupero post-calamità; Ricostruire meglio per prevenire la creazione di rischi di calamità e ridurre quelli esistenti; la qualità del partenariato globale e della cooperazione internazionale deve essere efficace, significativa e forte; inoltre, il sostegno dei Paesi sviluppati e dei partner ai Paesi in via di sviluppo deve essere adeguato alle esigenze e alle priorità da loro identificate.

Il Sendai Framework riconosce anche che molte calamità sono aggravate dal cambiamento climatico, e che una maggiore coerenza tra gli approcci dei Paesi alla riduzione del rischio di calamità e all’adattamento al cambiamento climatico nell’ambito dell’Accordo di Parigi del 2016 può sostenere i progressi verso la riduzione della povertà nell’ambito degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Mentre il Sendai Framework e l’Accordo di Parigi fanno riferimento ai loro rispettivi obiettivi, ognuno guida il progresso verso un futuro più sostenibile, resiliente ed equo. A livello nazionale, le responsabilità per l’adattamento al cambiamento climatico e la riduzione del rischio di calamità tendono a essere distribuite tra diverse istituzioni e portatori di interesse; a livello internazionale, sono supportate da singole agenzie delle Nazioni Unite e da processi correlati. I diversi approcci e meccanismi portano inevitabilmente a sovrapposizioni e lacune (OCSE, 2020[17]). Garantire collegamenti credibili, se del caso, tra questi processi contribuirà a rafforzare la resilienza alle calamità naturali e ai rischi climatici e a raggiungere l’obiettivo globale di eradicazione della povertà.

Il più ampio lavoro dell’OCSE sulla governance del rischio evidenzia il ruolo importante delle istituzioni nell’accrescere la resilienza alle calamità (OCSE, 2014[18]; OCSE, 2017[19]). Le istituzioni efficienti sono cruciali nell’influenzare le decisioni dei singoli attori sul fatto di investire o meno in misure di resilienza. Le lacune nei livelli di resilienza possono essere dovute alla mancanza di consapevolezza dei portatori di interesse negli enti governativi, nel settore privato o nei singoli nuclei familiari in merito ai rischi, alle misure esistenti per aumentare la resilienza o alle responsabilità nella gestione del rischio di calamità. In particolare, l’OCSE ritiene che i governi debbano eliminare i diffusi disincentivi per la gestione pubblica e privata del rischio che portano a un’eccessiva dipendenza dal governo per il finanziamento post-calamità (OCSE, 2014[18]).

L’OCSE ha sostenuto che i governi dovrebbero rivalutare il proprio approccio alla gestione del rischio di calamità per garantire l’efficacia degli attuali investimenti nella riduzione del rischio di calamità. La raccomandazione dell’OCSE del 2014 sulla governance dei rischi critici propone un cambiamento fondamentale nella governance del rischio verso uno sforzo di tutta la società. Propone azioni che i governi possono intraprendere a tutti i livelli, in collaborazione con il settore privato e tra di loro, per meglio valutare, prevenire, rispondere e riprendersi dagli effetti di eventi estremi, così come adottare misure per rafforzare la resilienza e recuperare a seguito di eventi imprevisti (OCSE, 2014[14]):

  • Stabilire e promuovere un approccio globale, onnicomprensivo e transfrontaliero alla governance del rischio del Paese che serva da base per migliorare la resilienza e la capacità di risposta nazionale.

  • Sviluppare la preparazione attraverso analisi prospettiche, valutazioni dei rischi e quadri di finanziamento, per anticipare meglio conseguenze complesse e di ampia portata.

  • Aumentare la consapevolezza dei rischi critici per mobilitare le famiglie, le imprese e i portatori di interesse internazionali e promuovere gli investimenti nella prevenzione e nella mitigazione dei rischi.

  • Sviluppare la capacità di adattamento nella gestione delle crisi coordinando le risorse tra il governo, le sue agenzie e le reti più ampie per supportare processi decisionali, comunicazioni e risposte all’emergenza tempestivi.

  • Dimostrare trasparenza e responsabilità nel processo decisionale relativo al rischio, incorporando pratiche di buona governance e imparando continuamente dall’esperienza e dalla scienza.

Il Joint framework for Strengthening Resilience For Food Security and Nutrition (Quadro comune per il rafforzamento della resilienza per la sicurezza alimentare e la nutrizione) è un quadro concettuale per la collaborazione e il partenariato tra le Agenzie7 con sede a Roma (RBA) per sostenere la resilienza delle persone che versano in situazioni di insicurezza alimentare in relazione agli eventi estremi che influiscono sul loro sostentamento e sui sistemi alimentari (FAO, IFAD e WFP, 2019[15]). Il quadro offre alle agenzie la possibilità di cercare di sviluppare un allineamento complementare tra gli approcci esistenti specifici delle agenzie per supportare la resilienza delle persone che versano in condizioni di insicurezza alimentare, piuttosto che elaborare nuovi approcci, garantendo così che la collaborazione tra le RBA sia efficace dal punto di vista dei costi.

L’attività delle RBA si impernia sul rafforzamento della resilienza dei mezzi di sussistenza e dei sistemi di produzione dei poveri delle zone rurali, delle persone vulnerabili e che versano in condizioni di insicurezza alimentare. Si pone enfasi sulle situazioni in cui le capacità delle strutture e delle istituzioni di supporto – in particolare i sistemi governativi, le istituzioni nazionali e locali e le organizzazioni di agricoltori – non sono in grado di compensare o tamponare gli effetti di eventi estremi e fattori di stress.

Secondo le RBA, la resilienza riguarda essenzialmente le capacità intrinseche (abilità) di individui, gruppi, comunità e istituzioni di resistere, affrontare, recuperare, adattarsi e trasformarsi di fronte agli eventi estremi. Ciò implica che tutti gli interventi debbano partire dall’identificazione e dallo sviluppo delle capacità e delle risorse esistenti. Il quadro concettuale delle RBA mira a rafforzare tre tipi di capacità delle popolazioni e delle organizzazioni target: capacità di assorbimento, capacità di adattamento e capacità di trasformazione. Benché l’importanza di queste tre capacità di resilienza sia ampiamente riconosciuta [per esempio, si veda OCSE (2020[11])], le definizioni delle RBA sono più pertinenti per i gruppi target delle RBA (come definito nel quadro di riferimento comune). In particolare, la capacità di assorbimento è definita come la capacità di resistere alle minacce e di ridurre al minimo l’esposizione agli eventi estremi e ai fattori di stress attraverso misure preventive e strategie di risposta appropriate per evitare impatti negativi permanenti. La capacità di adattamento è definita come la capacità di adattarsi a nuove opzioni di fronte alla crisi, facendo scelte proattive e informate su strategie di sussistenza alternative basate sulla comprensione delle condizioni mutevoli. Infine, la capacità di trasformazione è definita come la capacità di trasformare l’insieme delle scelte di sostentamento disponibili attraverso l’empowerment e la crescita, compresi i meccanismi di governance, le politiche/i regolamenti, le infrastrutture, le reti comunitarie e i meccanismi di protezione sociale formali e informali che costituiscono un ambiente favorevole al cambiamento sistemico. (FAO, IFAD e WFP, 2019[15]).

Il quadro concettuale è guidato da sei principi e pratiche per la resilienza, la sicurezza alimentare e la nutrizione:

  • Titolarità e leadership locale e nazionale: le persone, le comunità e i governi devono guidare lo sviluppo della resilienza per migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione.

  • Approccio multi-stakeholder: assistere le persone vulnerabili nel rafforzamento della propria resilienza va oltre la capacità di qualsiasi singola istituzione.

  • Combinare l’aiuto umanitario e lo sviluppo: i quadri di riferimento per la pianificazione dovrebbero combinare le esigenze di soccorso immediato con gli obiettivi di sviluppo a lungo termine.

  • Concentrarsi sulle persone più vulnerabili: assicurare la protezione delle persone più vulnerabili è fondamentale per sostenere gli sforzi di sviluppo.

  • Integrare gli approcci basati sulla valutazione del rischio: una gestione efficace del rischio richiede un’attenzione esplicita al processo decisionale dei governi nazionali, così come monitoraggio e analisi migliorati.

  • Puntare all’impatto duraturo: gli interventi devono essere basati su dati concreti e focalizzati sui risultati.

I quattro quadri di riferimento sopra illustrati evidenziano una serie di aspetti della DRM che sono fondamentali per rafforzare la resilienza del settore agricolo alle NHID, tra cui una governance del rischio di calamità forte, efficace e partecipativa, e l’importanza di quadri ex ante per la risposta e la ripresa in caso di calamità, anche per permettere di ricostruire meglio dopo un evento calamitoso. Sulla base di questi quadri di riferimento, i case study valutano le situazioni specifiche dei Paesi secondo i seguenti quattro principi per una DRM efficace per la resilienza, che sono stati sviluppati congiuntamente dall’OCSE e dalla FAO. I principi sono strettamente allineati alle quattro priorità d’azione del Sendai Framework e alle raccomandazioni dell’OCSE, e propongono una serie di azioni che i governi e i portatori di interesse del settore agricolo possono intraprendere per migliorare l’efficacia della DRM per la resilienza in agricoltura. In particolare, le buone pratiche per una DRM efficace per la resilienza in agricoltura sono identificate secondo i seguenti quattro principi:

  • Un approccio inclusivo, olistico e multirischio alla governance del rischio di calamità naturali per la resilienza.

  • Una comprensione condivisa del rischio di calamità naturali basata sull’identificazione, la valutazione e la comunicazione del rischio, delle vulnerabilità e delle capacità di resilienza.

  • Un approccio ex ante alla gestione del rischio di calamità naturali.

  • Un approccio che enfatizza la preparazione e la pianificazione per una gestione efficace delle crisi, una risposta efficace in caso di calamità e per “ricostruire meglio” in modo da aumentare la resilienza ai pericoli naturali futuri.

Accordi di governance forti ed efficaci sono cruciali per rafforzare la resilienza dell’agricoltura alle NHID. Un approccio inclusivo, olistico e multirischio, che tenga conto dei compromessi e delle interazioni tra i rischi di calamità, le strategie degli agricoltori e le più ampie politiche di DRM, è importante per identificare le priorità e assicurare che le risorse siano assegnate ai rischi di calamità più significativi (OCSE, 2009[12]; 2018[20]). Le istituzioni svolgono un ruolo importante nell’influenzare le decisioni degli agricoltori, degli enti governativi e degli altri portatori di interesse in merito a eventuali investimenti per lo sviluppo della resilienza, definendo i ruoli e le responsabilità dei portatori di interesse nella gestione del rischio di calamità naturali e fornendo incentivi per gli investimenti nella prevenzione e nella mitigazione dei rischi (OCSE, 2014[18]; UNISDR, 2015[3]).

Per contro, quadri della DRM frammentati – per esempio, basati su un tipo specifico di rischio naturale, su un settore o tra le diverse agenzie del governo – e lacune di governance possono ridurre l’efficacia e l’efficienza degli investimenti nella resilienza (OCSE, 2009[12]; UNISDR, 2015[3]). Le lacune di governance possono includere: una mancanza di visibilità dei benefici degli investimenti ex ante nella resilienza a tutti i livelli – a livello nazionale e locale, e anche nelle aziende agricole; segnali politici che creano l’aspettativa di assistenza post-calamità; ostacoli al coinvolgimento dei portatori di interesse e alla cooperazione tra agenzie; e politiche e strategie di DRM poco flessibili (OCSE, 2014[18]; 2017[19]).

A tal fine, i governi dovrebbero cercare di:

  • Integrare il settore agricolo nelle strategie nazionali (multirischio) per la governance dei rischi di calamità, compresa la creazione di una leadership per guidare l’integrazione, collegare le agende politiche e allineare le priorità concorrenti tra settori e agenzie. Allo stesso modo, le priorità in termini di DRM e resilienza dovrebbero essere integrate nelle politiche e nei piani settoriali e nella loro attuazione.

  • Coinvolgere i portatori di interesse, agricoltori compresi, le organizzazioni industriali, i proprietari e gli operatori di infrastrutture critiche, il mondo accademico e le istituzioni scientifiche e di ricerca, nonché gli attori di tutti i livelli di governo pertinenti, e chiarire i ruoli e le responsabilità dei portatori di interesse (pubblici e privati) nella gestione del rischio di calamità naturali utilizzando approcci partecipativi.

  • Dimostrare trasparenza e responsabilità nel processo decisionale relativo al rischio, incorporando pratiche di buon governo e imparando continuamente dall’esperienza.

  • Istituire i meccanismi e gli incentivi necessari per assicurare il rispetto delle leggi e dei regolamenti settoriali esistenti, compresi quelli che riguardano l’uso del suolo e l’urbanistica, le norme edilizie, gli standard di gestione ambientale e delle risorse rilevanti per l’agricoltura. Questi dovrebbero essere aggiornati regolarmente per garantire un’attenzione adeguata alla DRM per la resilienza.

  • Valutare le relazioni e il coordinamento dei quadri per la DRM in agricoltura a tutti i livelli con strumenti, istituzioni e procedure per la gestione dei rischi di calamità al di fuori del settore agricolo.

  • Valutare la coerenza dei quadri di riferimento, degli obiettivi e delle misure per la DRM con il più largo contesto della politica agricola e gli obiettivi di sviluppo del settore.

  • Istituire dei meccanismi operativi che colleghino le istituzioni a livello nazionale e locale, e tradurre le politiche e i piani nazionali di riduzione del rischio di calamità (DRR) in approcci pratici e basati su incentivi affinché la DRR sia attuata a livello locale.

  • Valutare la coerenza degli approcci e delle misure per la DRM, l’adattamento al cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile, per comprendere meglio le opportunità di sinergie e complementarità, evitando allo stesso tempo la potenziale sovrapposizione con strutture e azioni nei settori agricoli.

La consapevolezza e la comprensione condivisa dei rischi di calamità naturali è importante per incoraggiare gli investimenti nella preparazione, prevenzione e mitigazione dei rischi (OCSE, 2020[11]; FAO, 2021[2]). I divari riscontrati nella resilienza dell’agricoltura – ad esempio, a causa di carenze nelle infrastrutture protettive o in altre infrastrutture critiche, o di altre capacità di preparazione – e le lacune nei quadri per la DRM possono essere dovuti alla scarsa consapevolezza dei rischi o delle responsabilità di gestione dei rischi, o ancora del particolare impatto che le calamità hanno sull’agricoltura da parte dei portatori di interesse negli organismi governativi, nelle organizzazioni industriali o a livello dei singoli agricoltori. Questo può ridurre gli incentivi per la gestione pubblica e privata del rischio, portando a un’eccessiva dipendenza dai governi nazionali per l’assistenza post-calamità (OCSE, 2014[18]; OCSE, 2017[19]). Più in generale, le lacune a livello di informazione possono limitare il processo decisionale, anche tra le opzioni politiche per gestire i rischi di calamità naturali, durante la gestione delle crisi e nelle fasi di risposta e ripresa.

A tal fine, tutti i portatori di interesse dovrebbero cercare di aumentare la loro consapevolezza dei rischi di pericolo naturale e degli approcci di riduzione del rischio, la loro vulnerabilità ai rischi di catastrofi e la loro capacità di gestire tali rischi. I governi possono sostenere una maggiore consapevolezza tra i portatori di interesse provvedendo a:

  • Facilitare l’accesso alla formazione, all’istruzione formale e non formale; utilizzare i social media e mobilitare i principali portatori di interesse, ed eliminare i disincentivi politici agli investimenti nello sviluppo della resilienza. Questo può comportare:

    • L’introduzione di una visione condivisa dei livelli di rischio accettabili e la responsabilità per la gestione del rischio a tutti i livelli di rischio

    • Lo sviluppo di piattaforme integrate che offrano informazioni sul rischio r sugli effetti delle calamità naturali, accessibili a tutti i soggetti interessati

    • Una maggiore consapevolezza dei vantaggi degli investimenti ex ante nella resilienza

  • Investire nell’identificazione del rischio, della vulnerabilità e della capacità, nella valutazione e nella comunicazione bidirezionale per migliorare la percezione del rischio di calamità naturali tra i portatori di interesse, con i benefici pubblici che superano i costi, includendo esercizi di previsione e rivalutazioni periodiche, prendendo in considerazione un ambiente di rischio mutevole dovuto, per esempio, al cambiamento climatico. Ciò comprende:

    • Prendere in considerazione le interazioni tra diversi tipi di rischio e gli effetti a cascata nelle valutazioni del rischio, per aiutare a stabilire le priorità e indirizzare l’assegnazione delle risorse

    • Valutare le perdite e i danni subiti dall’agricoltura a seguito di calamità naturali e garantire la creazione, la gestione e l’accessibilità delle banche dati che includono questo tipo di dati

    • Sviluppare e diffondere i prodotti e servizi di informazione climatica e meteorologica adeguati alle esigenze degli agricoltori

    • Sviluppare capacità scientifiche e tecniche e rafforzare l’interfaccia scienza-politica per un’efficace elaborazione di politiche

  • Identificare le capacità e le vulnerabilità del settore agricolo nella gestione del rischio di calamità naturali, comprese le infrastrutture e i servizi che sono fondamentali per assicurare la prosecuzione delle attività dell’azienda agricola dopo un evento estremo.

È necessario spostare l’attenzione dal far fronte alle NHID in agricoltura a una DRM integrata e proattiva per la resilienza basata su tendenze e perdite. Un approccio ex ante significa considerare il panorama di rischio sul lungo termine, ivi compresi i rischi futuri non ancora noti, al fine di raggiungere un adeguato equilibrio tra le misure ex ante, come le misure strutturali e non strutturali per la prevenzione e la mitigazione delle calamità, comprese le opportunità di soluzioni naturali (OCSE, 2020[21]), rispetto a sforzi di ripresa e ricostruzione ex post. Le politiche per la DRM in agricoltura che si concentrano sul far fronte alle NHID e sulla successiva ripresa, piuttosto che sulla mitigazione e sulla preparazione per i pericoli futuri, possono minare la resilienza del settore al rischio di calamità naturali in futuro (OCSE, 2020[11]).

Per contro, la riduzione del rischio di calamità naturali e una maggiore preparazione possono essere un buon investimento dal punto di vista dei costi per prevenire perdite future in agricoltura, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, molte pratiche e tecnologie a livello di azienda agricola per ridurre i rischi di calamità naturali producono benefici in termini di produttività e sostenibilità, anche in contesti non legati a calamità. (FAO, 2019[22]; UNISDR, 2015[3]; UNDP, 2012[23]). Si tratta dunque di promuovere gli sforzi di prevenzione del rischio per rafforzare la resilienza e ridurre le vulnerabilità sottostanti (anche nell’ambito di sforzi di sviluppo più ampi), e il potenziamento delle capacità dei portatori di interesse – in enti governativi, organizzazioni industriali o singoli agricoltori – di prevenire, pianificare, assorbire, rispondere, riprendersi e, con maggior successo, adattarsi e trasformarsi a fronte delle NHID (FAO, IFAD e WFP, 2019[15]).

A tal fine, tutti i portatori di interesse dovrebbero considerare il panorama di rischio sul lungo termine, compresa la possibilità di rischi futuri non ancora noti, quando si prendono decisioni in merito alla gestione dei pericoli naturali in agricoltura. Pertanto occorre tenere conto del cambiamento climatico come fattore di rischio.

  • Per gli agricoltori, ciò include le decisioni di investire nello sviluppo delle proprie capacità di resilienza e di adattare le loro attività adottando strategie, pratiche e tecnologie volte a migliorare la resilienza, o addirittura di trasformare completamente le loro attività.

  • Per i governi questo include decisioni favorevoli a politiche ex ante, investimenti e processi di pianificazione, rispetto all’assistenza ex post.

Per sostenere un approccio ex ante alla gestione del rischio di calamità naturali in agricoltura, i governi dovrebbero cercare di:

  • Sviluppare quadri e istituzioni ex ante per quando sarà fornita l’assistenza ex post in caso di calamità, per disciplinare l’assistenza ex post e garantire che la risposta alle calamità naturali sia efficace.

  • Promuovere (anche nell’ambito dello sviluppo) gli sforzi di prevenzione di tutta la società per rafforzare la resilienza e ridurre le vulnerabilità sottostanti, e migliorare le capacità del settore e del governo per mitigare proattivamente gli impatti delle NHID in futuro.

  • Incoraggiare i portatori di interesse (pubblici e privati) a identificare e colmare le lacune nelle misure di resilienza e i rischi di calamità per i propri beni, comprese le misure strutturali e non strutturali. Ciò comprende:

    • Garantire che gli investimenti pubblici in capacità settoriali chiave rafforzino la resilienza e le capacità di assorbimento, adattamento e trasformazione in risposta al rischio – e contribuiscano alla produttività e alla sostenibilità – in un’ampia gamma di scenari futuri

    • Garantire che gli agricoltori e gli altri portatori di interesse siano esposti a incentivi e segnali per perseguire strategie che riducano la loro esposizione a tutti i livelli di rischio, sia ora che in futuro, e abbiano la capacità di cogliere le opportunità per farlo, anche eliminando i disincentivi politici e le limitazioni dell’informazione

    • Promuovere l’integrazione della valutazione, della mappatura e della gestione del rischio di calamità nella politica sull’uso del territorio e nella pianificazione, attuazione e gestione dello sviluppo rurale per ridurre i rischi

  • Promuovere – e, se del caso, sostenere – gli investimenti degli agricoltori nella creazione delle proprie capacità di resilienza, anche sviluppando l’imprenditorialità e il capitale umano, e un ricorso sempre maggiore all’adozione di strategie, pratiche e tecnologie che migliorano la resilienza.

  • Promuovere meccanismi per la condivisione e il trasferimento del rischio di calamità.

La preparazione alle catastrofi e la relativa pianificazione sono determinanti per una gestione efficace delle crisi e per permettere di “ricostruire meglio” durante la ripresa, il ripristino e la ricostruzione (UNISDR, 2015[3]). Piuttosto che basarsi solo sulla capacità di prevenire e assorbire gli impatti degli eventi estremi, un approccio orientato alla resilienza sottolinea anche l’importanza di recuperare e adattarsi a seguito di una calamità (Hynes et al., 2020[24]). Occorre una maggiore enfasi sulla preparazione e la pianificazione per le NHID in agricoltura, assicurando allo stesso tempo che i quadri per la DRM, le misure e i portatori di interesse rimangano flessibili e abbiano la capacità di rispondere a eventi imprevisti. Gli sforzi di ripristino e ricostruzione dovrebbero rafforzare la resilienza affrontando le vulnerabilità sottostanti e sviluppando le capacità del settore e del governo per gestire meglio le calamità naturali in futuro (FAO, IFAD e WFP, 2019[15]). Inoltre, tutti i portatori di interesse, agricoltori compresi, dovrebbero imparare continuamente dalle NHID al fine di adeguare i quadri e le misure per la DRM nell’ottica di una resilienza a lungo termine. (OCSE, 2014[14]; OCSE, 2020[11]).

A tale scopo, tutti i portatori di interesse dovrebbero aumentare la loro preparazione per le NHID investendo in conoscenze e capacità che permettano loro di anticipare e rispondere a NHID potenziali, imminenti o in corso, e sostenere una ripresa più resiliente.

  • Per gli agricoltori, questo significa accedere a e usare le informazioni disponibili per prepararsi meglio alle NHID, e approfittare delle opportunità per rimuovere le vulnerabilità sottostanti e ridurre la futura esposizione al rischio durante la ripresa – adattandosi ai rischi posti da clima e calamità naturali.

Per promuovere una maggiore enfasi sulla preparazione e la pianificazione per una gestione efficace delle crisi, la risposta alla calamità e per “ricostruire meglio” dopo una NHID, i governi dovrebbero cercare di:

  • Investire nello sviluppo di capacità flessibili degli attori del settore agricolo coinvolti nella gestione delle crisi e nella risposta alle calamità naturali, anche facendo leva sulle istituzioni scientifiche e di ricerca e conducendo esercitazioni periodiche di preparazione, reazione e ripristino a seguito di un evento calamitoso a tutti i livelli interessati.

  • Assicurarsi che esistano sufficienti flessibilità normative per far fronte a situazioni di crisi, tra cui la possibilità di deroghe temporanee ad alcuni regolamenti o l’istituzione di accordi tra agenzie governative per consentire l’impiego di personale aggiuntivo in situazioni di emergenza.

  • Incorporare i principi del “ricostruire meglio” nell’assistenza ex post e nei piani e programmi di risposta e ripresa per l’agricoltura.

  • Promuovere l’integrazione della DRM per la resilienza nei processi di ripresa e ripristino post-calamità, e facilitare il collegamento tra soccorso, ripristino e sviluppo.

  • Investire nello sviluppo, nel mantenimento e nel rafforzamento di sistemi di previsione e di allerta precoce, nonché di meccanismi di comunicazione del rischio di calamità e di emergenza multirischio, incentrati sulle persone e attuabili.

  • Imparare da, e ove possibile adattarsi a, calamità naturali attraverso l’apprendimento continuo e la valutazione degli impatti delle calamità naturali e dei quadri per la DRM. Ciò comprende:

    • L’istituzione di processi partecipativi e inclusivi per il monitoraggio, la valutazione e l’aggiornamento dei programmi e dei quadri per la DRM in agricoltura a seguito di un evento catastrofale, con il coinvolgimento delle istituzioni pertinenti.

I quadri per la DRM possono rafforzare la resilienza dell’agricoltura potenziando la capacità degli agricoltori e del settore più in generale di prevenire, mitigare, prepararsi e pianificare, assorbire, rispondere e recuperare e, con maggior successo, adattarsi e trasformarsi in risposta ai rischi naturali. Questo significa porre in primo piano la preparazione e la pianificazione per i rischi naturali nelle aziende agricole, ma anche all’interno delle agenzie governative e presso altri portatori di interesse del settore privato che hanno responsabilità per la prevenzione e la mitigazione dei rischi, e la risposta, la ripresa e la ricostruzione in caso di calamità.

Questo quadro di riferimento identifica quattro principi per una DRM efficace per la resilienza in agricoltura. Per ognuno di questi principi, identifica anche una serie di azioni che i governi possono intraprendere per gestire il rischio di calamità naturali in agricoltura, tenendo conto dei contesti locali e di rischio naturale, e dei bisogni specifici del settore. In particolare, i governi dovrebbero cercare di avere:

  • Un approccio inclusivo, olistico e multirischio alla governance del rischio di calamità naturali per la resilienza

  • Una comprensione condivisa del rischio di calamità naturali basata sull’identificazione, la valutazione e la comunicazione del rischio, delle vulnerabilità e delle capacità di resilienza

  • Un approccio ex ante alla gestione del rischio di calamità naturali

  • Un approccio che ponga in primo piano la preparazione e la pianificazione per una gestione efficace delle crisi, la risposta in caso di calamità e per “ricostruire meglio” al fine di aumentare la resilienza ai pericoli naturali futuri.

Nel quadro dei principi sopra illustrati, le buone pratiche per rafforzare la resilienza dell’agricoltura sono identificate secondo l’Approccio dell’OCSE alla gestione dei rischi per la resilienza, e comprendono misure politiche e accordi di governance che incoraggiano gli attori pubblici e privati a colmare le lacune nei loro livelli di resilienza. Questo può essere fatto aiutando questi portatori di interesse a comprendere i rischi che affrontano in presenza di pericoli naturali e le loro responsabilità nella gestione dei rischi che questi pongono ai loro beni. Per esempio, mentre i rischi di calamità più rari come le NHID possono richiedere un intervento pubblico, le strategie a livello di azienda agricola e la capacità complessiva del singolo agricoltore di gestire il rischio svolgono un ruolo fondamentale nel ridurre l’esposizione al rischio di eventi catastrofici, in particolare nel lungo periodo. (OCSE, 2009[12]; OCSE, 2020[11]). In particolare, le misure politiche, gli accordi di governance, le strategie a livello di azienda agricola e altre iniziative sono state identificati come “buone pratiche” perché:

  • Incoraggiano gli attori del settore pubblico e privato – agricoltori compresi – a considerare il panorama di rischio sul lungo termine, anche per prendere in considerazione i potenziali effetti futuri del cambiamento climatico sul settore agricolo, e a porre una maggiore enfasi su ciò che può essere fatto ex ante per ridurre l’esposizione al rischio e aumentare la preparazione.

  • Offrono incentivi e supportano la capacità degli agricoltori di prevenire, mitigare, preparare e pianificare, assorbire, rispondere, riprendersi e, con maggior successo, adattarsi e trasformarsi in risposta ai rischi naturali.

  • Considerano un’ampia gamma di scenari futuri, tra cui cambiamenti strutturali attesi a livello ambientale, economico e sociale, e contribuiscono alla produttività e sostenibilità agricola, anche in assenza di shock o fattori di stress.

  • Prendono in considerazione i compromessi relativi alla gestione del rischio di calamità naturali, ivi compresi quelli tra le misure per costruire le capacità del settore di assorbire, adattarsi o trasformarsi in risposta al rischio di calamità naturali e gli investimenti nella prevenzione e mitigazione dei rischi ex ante e l’assistenza ex post in caso di calamità.

  • Sono sviluppati con la partecipazione di diversi attori, al fine di garantire che tutti i soggetti interessati siano parimenti coinvolti nella progettazione, pianificazione, implementazione, monitoraggio e valutazione degli interventi; nonché condividono una visione comune del panorama di rischio e le rispettive responsabilità nella gestione del rischio di calamità naturali.

Riferimenti bibliografici

[30] Antón, J. e S. Kimura (2011), “Risk Management in Agriculture in Spain” (Gestione del rischio in agricoltura in Spagna), OECD Food, Agriculture and Fisheries Papers, n. 43, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/5kgj0d57w0wd-en.

[27] Antón, J., S. Kimura e R. Martini (2011), “Risk Management in Agriculture in Canada” (Gestione del rischio in agricoltura in Canada), OECD Food, Agriculture and Fisheries Papers, n. 40, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/5kgj0d6189wg-en.

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[10] EM-DAT (n.d.), CRED Emergency Events Database (Banca dati sulle emergenze del CRED) (EM-DAT), Centre for Research on the Epidemiology of Disasters, https://www.emdat.be/.

[2] FAO (2021), The impact of disasters and crises on agriculture and food security (L'impatto delle calamità e delle crisi sull'agricoltura e la sicurezza alimentare) 2021, FAO, Roma, https://doi.org/10.4060/cb3673en.

[22] FAO (2019), Disaster risk reduction at farm level: Multiple benefits, no regrets, (Riduzione del rischio catastrofi a livello di azienda agricola: molteplici vantaggi, nessun rimpianto) http://www.fao.org/3/ca4429en/ca4429en.pdf (consultazione: 8 settembre 2020).

[7] FAO (2018), The impact of disasters and crises on agriculture and food security (L'impatto delle calamità e delle crisi sull'agricoltura e la sicurezza alimentare), 2017, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, Roma.

[15] FAO, IFAD, WFP (2019), Strengthening resilience for food security and nutrition: A Conceptual Framework for Collaboration and Partnership among the Rome-based Agencies (Rafforzare la resilienza per la sicurezza alimentare e la nutrizione: un quadro concettuale per la collaborazione e il partenariato tra le agenzie con sede a Roma), Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD) e Programma alimentare mondiale (WFP), https://docs.wfp.org/api/documents/WFP-0000062320/download/.

[24] Hynes, W. et al. (2020), “Bouncing forward: a resilience approach to dealing with COVID-19 and future systemic shocks” (Fare un salto in avanti: un approccio resiliente per affrontare il COVID-19 e i futuri shock sistemici), Environment Systems and Decisions, Vol. 40/2, pagine 174-184, https://doi.org/10.1007/s10669-020-09776-x.

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[29] Melyukhina, O. (2011), “Risk Management in Agriculture in New Zealand” (La gestione del rischio in agricoltura in Nuova Zelanda), OECD Food, Agriculture and Fisheries Papers, n. 42, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/5kgj0d3vzcth-en.

[28] Melyukhina, O. (2011), “Risk Management in Agriculture in The Netherlands” (La gestione del rischio in agricoltura nei Paesi Bassi), OECD Food, Agriculture and Fisheries Papers, n. 41, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/5kgj0d5lqn48-en.

[17] OCSE (2020), Common Ground Between the Paris Agreement and the Sendai Framework: Climate Change Adaptation and Disaster Risk Reduction (Un terreno comune tra l'accordo di Parigi e il Sendai Framework: Adattamento al cambiamento climatico e riduzione del rischio di calamità), edizioni OCSE, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/3edc8d09-en.

[8] OCSE (2020), “Covid-19 and the Food and Agriculture Sector: Issues and Policy Responses” (Covid-19 e il settore agroalimentare: Problematiche e risposte politiche), documento programmatico, OECD Publishing, Parigi, https://read.oecd-ilibrary.org/view/?ref=130_130816-9uut45lj4q&title=Covid-19-and-the-food-and-agriculture-sector-Issues-and-policy-responses (consultazione: 19 giugno 2020).

[21] OCSE (2020), “Nature-based solutions for adapting to water-related climate risks”, OECD Environment Policy Papers, No. 21, OECD Publishing, Paris, https://dx.doi.org/10.1787/2257873d-en.

[11] OCSE (2020), Strengthening Agricultural Resilience in the Face of Multiple Risks, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/2250453e-en.

[20] OCSE (2018), Assessing Global Progress in the Governance of Critical Risks, OECD Reviews of Risk Management Policies, OECD Publishing, Paris, https://dx.doi.org/10.1787/9789264309272-en.

[32] OCSE (2018), Managing Weather-Related Disasters in Southeast Asian Agriculture (Gestire i calamità legate alle condizioni meteorologiche nell'agricoltura del sud-est asiatico), OECD Studies on Water, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/9789264123533-en.

[19] OCSE (2017), Boosting Disaster Prevention through Innovative Risk Governance: Insights from Austria, France and Switzerland (Potenziare la prevenzione delle calamità attraverso una governance innovativa del rischio: Approfondimenti da Austria, Francia e Svizzera), OECD Reviews of Risk Management Policies, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/9789264281370-en.

[31] OCSE (2016), Mitigating Droughts and Floods in Agriculture: Policy Lessons and Approaches (Mitigazione delle siccità e delle alluvioni: insegnamenti e approcci politici), OECD Studies on Water, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/9789264246744-en.

[18] OCSE (2014), Boosting Resilience through Innovative Risk Governance, OECD Reviews of Risk Management Policies, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/9789264209114-en.

[14] OCSE (2014), Recommendation of the Council on the Governance of Critical Risks, https://www.oecd.org/gov/risk/Critical-Risks-Recommendation.pdf (consultazione: 8 ottobre 2018).

[13] OCSE (2011), Managing Risk in Agriculture: Policy Assessment and Design (Gestire il rischio in agricoltura: Valutazione ed elaborazione delle politiche), OECD Publishing, Parigi, https://doi.org/10.1787/9789264116146-en.

[12] OCSE (2009), Managing Risk in Agriculture: A Holistic Approach (Gestire il rischio in agricoltura: Un approccio olistico), OECD Publishing, Parigi, https://doi.org/10.1787/9789264075313-en.

[1] Productivity Commission (2014), Natural Disaster Funding Arrangements (Disposizioni per i finanziamenti in caso di calamità naturali), Inquiry Report n. 7, Canberra, https://www.pc.gov.au/inquiries/completed/disaster-funding/report.

[4] Stocker, T. et al. (eds.) (2013), Summary for Policymakers (Sintesi per i

[4] decisori politici), Cambridge University Press, Cambridge e New York.

[23] UNDP (2012), Putting resilience at the heart of development: Investing in prevention and resilient recovery, https://www.undp.org/content/undp/en/home/librarypage/crisis-prevention-and-recovery/putting-resilicence-at-the-heart-of-development.html (consultazione: 8 settembre 2020).

[25] UNISDR (2016), Report of the open-ended intergovernmental expert working group on indicators and terminology relating to disaster risk reduction, United Nations Office for Disaster Risk Reduction (UNDRR), https://www.preventionweb.net/files/50683_oiewgreportenglish.pdf.

[16] UNISDR (2015), “Reading the Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015 – 2030” (Lettura del quadro di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi 2015 - 2030), United Nations Office for Disaster Risk Reduction, Ginevra, https://www.preventionweb.net/files/46694_readingsendaiframeworkfordisasterri.pdf.

[3] UNISDR (2015), Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015 - 2030, United Nations Office for Disaster Risk Reduction, https://www.unisdr.org/files/43291_sendaiframeworkfordrren.pdf (cosultazione: 22 agosto 2018).

[9] UNISDR e CRED (2015), The Human Cost of Weather Related Disasters 1995-2015, NISDR, Ginevra, e CRED, Lovanio, https://www.unisdr.org/we/inform/publications/46796.

[5] WEF (2016), The Global Risks Report 2016: Insight Report (Il rapporto sui rischi globali 2016: Rapporto d’approfondimento), Forum economico mondiale, Ginevra, https://doi.org/10.1017/CBO9781107415324.004.

Note

← 1. Ai fini del presente studio, l'attenzione si concentra sui sottosettori agricolo e zootecnico.

← 2. Secondo l'UNDRR (già UNISDR), si definisce pericolo “un fenomeno, un evento, un'attività umana o una condizione pericoloso/a che può causare la perdita di vite umane, lesioni o altre ripercussioni sulla salute, danni materiali patrimoniali, perdita di mezzi di sussistenza e servizi, perturbazioni sociali ed economiche o degrado ambientale". I pericoli di origine naturale derivano da una varietà di fonti, tra cui: geologiche (per esempio, terremoti), climatologiche (per esempio, siccità), meteorologiche (per esempio, tempeste), biologiche (per esempio, malattie di animali, infestazioni di insetti o epidemie) e idrologiche (per esempio, inondazioni) (UNISDR e CRED, 2015[9]; UNISDR, 2016[25]). I pericoli diventano calamità quando causano gravi danni, distruzione e sofferenza umana.

← 3. L’UNISDR (2016[25]) definisce la gestione del rischio di catastrofi come l'applicazione di politiche e strategie di riduzione del rischio di calamità per prevenire nuovi rischi di calamità, ridurre il rischio di calamità esistente e gestire il rischio residuo, contribuendo al rafforzamento della resilienza e alla riduzione delle perdite legate alle calamità.

← 4. “Ricostruire meglio” significa utilizzare le fasi di recupero, ripristino e ricostruzione a seguito di una calamità per aumentare la resilienza dei Paesi e delle comunità attraverso l’integrazione delle misure per la riduzione del rischio di calamità nel ripristino delle infrastrutture fisiche e dei sistemi sociali, e nella rivitalizzazione dei mezzi di sussistenza, delle economie e dell’ambiente (UNISDR, 2015[16]).

← 5. L'OCSE ha preparato i case study su Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Turchia e Stati Uniti; la FAO ha preparato i case study su Cile e Namibia.

← 6. Si veda Kimura e Antón (2011[26]); Antón, Kimura e Martini (2011[27]); Melyukhina (2011[28]; 2011[29]); Antón e Kimura (2011[30]); e OCSE (2016[31]; 2018[32]).

← 7. Le agenzie con sede a Roma sono l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD) e il Programma alimentare mondiale (WFP o PAM).

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